Che ne sarà di noi?
Ep.9 | L'ansia climatica, la sfiducia nel futuro e i piccoli cambiamenti quotidiani.
Milano. Fuori splende il sole. Sembra assurdo che solo poche ore fa lo stesso cielo abbia vomitato un intruglio spaventoso di acqua, vento, tuoni e fulmini.
Dopo la tempesta, la quiete. A ricordare quell’ora apocalittica, strade allagate, auto distrutte, circolazione interrotta. Gli alberi, giganti sconfitti al suolo.
Dentro molti di noi, la paura. E la sensazione che sia solo l’inizio.
Cambiamento…che?
Probabilmente i tempi del negazionismo stanno finendo. Se fino ad ora rimaneva ancora qualche dubbio - davvero? - sull’effettiva esistenza del cambiamento climatico, il susseguirsi di disastri ambientali dell’ultimo anno sembrano averli spazzati via quasi del tutto.
Dopo la valanga della Marmolada lo scorso luglio, l’alluvione in Emilia Romagna di qualche mese fa, la tempesta d’acqua in Lombardia e i ripetuti incendi nel sud Italia è impossibile continuare a tenere la testa sotto la sabbia. Per non parlare di tante altre catastrofi che sono accadute fuori dall’Italia.
Il cambiamento climatico esiste. Da anni. E peggiora ogni giorno che passa.
Qualche anno fa lavoravo a Bruxelles nel settore dell’efficienza energetica, in un’azienda che sviluppa progetti europei per la Commissione. Già allora la preoccupazione per i disastri ambientali era all’ordine del giorno. Già allora avevamo poco tempo per raggiungere il punto di non ritorno. Già allora era già troppo tardi.
Questa esperienza mi ha spinta a informarmi maggiormente sull’argomento, a leggere, a partecipare a congressi, a confrontarmi con persone che ne sapevano più di me, a educarmi.
Mettendo in moto quella che io chiamo “il circolo vizioso dell’educazione”.
L’educazione porta alla consapevolezza, la consapevolezza a una maggiore sensibilità e la maggiore sensibilità porta alla preoccupazione.
É per questo che si dice “Meno sai e meglio stai”, no?
Che ne sarà di noi?
Ricordo ancora quelle sensazioni di vuoto allo stomaco e spaeseamento che mi assalivano al scoprirne di più sulla tematica. Oggi un documentario, domani una notizia, poi un nuovo decreto legislativo, una conversazione tra amici, ed eccomi entrata nel loop del voglio contribuire a cambiare il mondo - è troppo tardi, siamo tutti finiti.
Di giorno ero combattiva e amavo bazzicare l’ambiente delle associazioni e delle lobby, di notte mi addormentavo in preda all’angoscia.
Che ne sarà del mondo come lo conosciamo, la flora, la fauna, le terre coltivabili, il cibo che mangiamo, le acque, i ghiacciai, le montagne, quel precario equilibrio su cui si regge da sempre il nostro vivere?
Che ne sarà di noi?
Ed ecco che arriva il covid e l’intera umanità non ha potuto occuparsi di due catastrofi mondiali nello stesso momento.
Abbiamo dovuto restare chiusi in casa, privarci del contatto sociale, imparare un novo modo di vivere, sperare nei progressi della scienza.
Che ne sarà di noi?
Poi il virus è passato e la natura non ha tardato a ricordarci che i debiti con lei ce li abbiamo ancora.
Solo nel 2022, i disastri naturali hanno provocato 44 milioni di persone sfollate e perdite di oltre 200 miliardi di dollari. Quasi la metà dei danni totali causati dagli eventi climatici estremi in Europa negli ultimi 40 anni.
Alluvioni, inondazioni, siccità, incendi. Da una parte all’altra del globo terrestre. Senza risparmiare niente e nessuno.
Che ne sarà di noi?
Si chiama ecoansia - o ansia climatica
Dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni mi sono sentita leggermente sollevata al sapere che tantissime persone si trovavano in uno stato di apprensione simile al mio.
La sensazione di impotenza, rabbia, frustrazione e paura per quello che accade a livello climatico ha un nome e rende chiaro l’impatto che gli avvenimenti esterni hanno sul nostro benessere quotidiano.
L’ecoansia è più frequente nelle generazioni più giovani, i Millennials (sì, siamo ancora giovani!) e la Generazione Z, ovvero tutti quelli che hanno davanti ancora tanto da costruire e che in queste situazioni catastrofiche provano una grande sfiducia nel futuro.
Perché mi affanno se non so neanche per quanti altri anni esisterà il mondo?
Che senso ha fare dei figli se poi devo lasciarli in un mondo in distruzione?
Ma perché fino a qualche anno fa tutto questo non esisteva?
Devo visitare più posti possibili in fretta perché tra qualche anno potrebbero non esistere più.
Non ho abbastanza tempo per fare tutto quello che vorrei.
Piccolo inciso…
[Queste sono le domande più comuni che ho sentito da miei coetanei, sono rappresentative e mi piacerebbe sapere:
Come per tutto, noi Millennials siamo quelli messi peggio, perché abbiamo visto un prima e un dopo, abbiamo dovuto piano piano adattarci a contesti diversi rispetto a quelli dei nostri genitori, siamo cresciuti in un momento storico completamente diverso da quello attuale. Non solo climatico, ma anche lavorativo, economico e sociale.
D’altronde tutte le ricerche lo dicono. Noi siamo i nostalgici.
Proviamo nostalgia per gli anni passati e per ciò che non potremo avere in futuro.
É un po’ la saudade portoghese, che è nostalgia per ciò che è stato e per ciò che non sarà mai.
Ma questa é storia per un altro episodio.
🔎 Se vuoi approfondire il tema della ecoansia ti suggerisco di leggere questi articoli di esperti:
Ecoansia & Co. di Serenis
Solastalgia ed eco-ansia di Unobravo
Eco ansia o ansia climatica: cos’è e come riconoscerla dell’Humanitas
Ma quindi noi cosa possiamo fare?
Spesso ci sentiamo impotenti perché pensiamo di dover cambiare e salvare il mondo da soli, e quando ci rendiamo conto della grandezza di questa ambizione ci sentiamo frustrati e impotenti. Ma in realtà nessuno può farlo da solo e nessuno ce lo chiede.
Negli anni ho capito che per uscire dallo stato di paralisi che l’ansia mi provoca, vale la pena agire. Come meglio si può, con i propri tempi e le proprie necessità.
Ecco qualche mio consiglio:
Informarsi dalle fonti giuste e senza cedere all’allarmismo.
Apportare piccoli cambiamenti alla nostra quotidianità, che non vuol dire privarsi di qualcosa, ma riflettere un po’ di più sull’impatto che ogni nostra azione può avere sugli altri e sull’ambiente.
Sviluppare un rapporto intimo con la natura per interiorizzarne il vero valore.
Viaggiare consapevolmente, rispettando i luoghi e le persone che ci ospitano.
Rimettere in prospettiva i problemi di ogni giorno, considerando che siamo solo piccole parti di un intero universo.
Accettare di avere paura e di essere in apprensione, contenendo le emozioni negative e parlandone con gli esperti.
Condividere i propri pensieri con gli altri per sentire di non essere soli e arricchirci tramite il confronto.
Se ne hai altri da condividere faccelo sapere nei commenti!👇
📖 Una lettura consigliata
Possiamo salvare il mondo prima di cena - Jonathan Safran Foer, 2019
Uno dei libri che mi ha segnata parecchio nel modo di guardare all’emergenza climatica è quello di Foer, scrittore statunitense dalle solide convinzioni sulle tematiche ambientali.
Il punto forte del libro è la capacità di declinare un problema universale in chiave particolare. Cosa possiamo fare nel nostro piccolo per salvare il mondo? Non sono i grandi gesti a renderci migliori, ma la possibilità di farne ogni giorno di piccoli per noi stessi, per gli altri e per il nostro pianeta.
Super consigliato se non si conosce ancora molto sulla tematica.
💡Una curiosità
Dal 15 Settembre al 15 Dicembre 2023 otto case editrici daranno vita a un progetto condiviso per mostrare che le storie, come le persone, prendono davvero vita solo quando ne incontrano altre. Ti ricorda qualcosa?
Il #Bookrave si terrà in tutte le librerie d’Italia aderenti e ruoterà attorno a diversi temi, per cui ogni casa editrice proporrà una storia (saggio, romanzo, graphic novel, ecc.) con un proprio punto di vista.
A formare il Bookrave ci saranno gruppi di lettura, eventi, incontri in presenza e online, un canale Telegram con contenuti esclusivi per i partecipanti. Insomma, una vera festa per gli amanti dei libri. Non vedo l’ora!
Per saperne di più, visita i canali social degli editori.
🎈 Le cose belle si fanno sempre insieme, perciò ti aspetto nei commenti o nella casella di posta per feedback, domande o, semplicemente, per scambiare due chiacchiere! Se hai perso i precedenti numeri di Parole Sparse ti consiglio di dare una spulciata qui.
Alla prossima settimana,
Federica🌊
📷 Cover photo by Nazrin Babashova on Unsplash