Spatriati, spaesati
Ep. 16 | Vivere lontani da casa, sentirsi stranieri e anche un po’ persi.
Quando ho iniziato questa newsletter l’ho fatto per una precisa ragione: mettere nero su bianco le domande che mi frullano ogni giorno nella testa per condividerle con più persone possibili.
E non per narcisismo, sia chiaro. Chi mi conosce sa che, se potessi, vivrei nascondendomi tra la folla piuttosto che al centro dell’attenzione.
L’ho fatto perché credo che condividere il proprio vissuto e la propria interiorità sia il modo migliore per portare un valore positivo agli altri, sentirci meno soli nel nostro continuo turbine di pensieri.
Non penso di poter insegnare molto della vita e, probabilmente, oggi sono così tante le persone che si appropriano arbitrariamente di questa responsabilità, che risulterebbe superfluo.
Credo, però, che negli anni le esperienze vissute mi abbiano regalato una particolare sensibilità verso la vita e gli altri, la capacità di guardare alle cose non sempre nel modo giusto, ma sicuramente con occhi diversi.
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Vivere lontani: croce e delizia
Qualche giorno fa riflettevo sulla complessità che ogni giorno chi vive lontano da casa e dalla propria famiglia deve affrontare.
A 18 anni ho lasciato la mia città per andare a studiare fuori, non tanto per andare verso qualcosa, quanto piuttosto per allontanarmi da un contesto a cui sentivo di non appartenere più.
Da quel momento è iniziata la mia vita di fuorisede. Anzi, di spatriata.
Spatriati
Prendo in prestito questo termine da Mario Desiati perché connota alla perfezione il sentire di tutti quelli che, come me, hanno deciso di cambiare città o paese, lasciando indietro famiglie e amici, sradicando abitudini e consuetudini, lanciandosi nel vuoto con mille punti interrogativi.
La bellezza della lingua italiana si ritrova spesso nella ricchezza dei dialetti e nei significati diversi che le parole possono assumere.
In italiano essere spatriato indica qualcuno che è andato via dalla propria patria, dalla propria terra. Nel dialetto pugliese (il mio dialetto e quello di Desiati), però, il termine assume una connotazione molto più profonda.
Una persona spatriata è una persona disorientata, spaesata. Diversa, potremmo dire, fuori dalle convenzioni.
Stranieri
Dopo aver studiato 5 anni a Milano, mi sono trasferita a Lisbona e poi a Bruxelles, dove sono rimasta per circa 4 anni. Sono ritornata, poi, nella mia città, per lasciarla nuovamente e ritrasferirmi a Milano.
Da 12 anni la mia vita è divisa tra due città: quella in cui sono nata e quella in cui scelgo (più o meno volontariamente) di vivere.
E ogni giorno incontro tantissime persone che portano come me il fardello di sentirsi spaesate, straniere in altri Paesi e nel proprio.
Si pensa che dopo anni ci si abitui agli aerei, ai saluti, alle valigie, ai “Quando torni”e “Quando riparti?”, all’armadio diviso, alla libreria a metà, agli scatoloni in cantina, a lasciare persone indietro. Ma non è così.
La verità è che non ci si abitua mai.
Insieme, meno persi
Negli anni in giro per il mondo ho conosciuto tantissime persone, ascoltato le loro storie, condiviso con loro la perenne sensazione di non appartenere.
E ho capito che lo spaesamento è più un modo di essere che una condizione legata a un luogo.
Che può unire le persone in maniera indissolubile e farle sentire meno perse nella solitudine che spesso colpisce chi non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo.
Un posto in cui restare (o forse no)
Mi piacerebbe vivere in un posto con la convinzione di restarci, ma la verità è che non mi è mai successo. Neanche nella città in cui sono nata.
Ho letto qualche giorno fa che l’essere umano è nomade di natura. La sedentarietà, il decidere di fermarsi per sempre in unico luogo, è una costruzione nata nel tempo per esigenze puramente sociali.
Probabilmente è scritto nel destino di noi spatriati di dover lasciare un pezzo di sè in tanti posti diversi.
Forse è nel nostro disorientamento che troveremo davvero una direzione.
O forse, semplicemente, non la troveremo mai.
E dovremo imparare ad accettarci e amarci per quelli che siamo.
Prima di andare via…
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📷 Cover photo by Jordan Steranka on Unsplash