Il dolore degli altri
Ep.6 | Scappare per evitare di star male, non sentirsi all'altezza e imparare ad accettare la propria vulnerabilità.
Sono giorni che cerco di scrivere questa mail, cercando di mettere insieme pensieri e frasi sparse nelle note del telefono. Ogni volta che aprivo questa schermata, una distrazione improvvisa mi portava via dalla tastiera.
Pochi giorni fa, una persona che stimo molto mi ha detto di darmi il permesso di essere me stessa, di abbandonare quella paura che spesso interferisce nella mia scrittura e di lasciarmi andare. Anche se a volte significa espormi a dei rischi.
É stato questo a spingermi a guardarmi dentro e a dare un taglio diverso a questo numero e alla presentazione.
Prima di iniziare, come sempre, un grande benvenuto ai nuovi arrivati e alle nuove arrivate! Spero che questo viaggio vi piaccia 🌈
Perché rifuggiamo dal dolore degli altri?
Da anni sono appassionata delle storie di Isabel Allende e, nonostante io abbia praticamente letto la maggior parte dei suoi libri, non riesco ad aprire Paula, che mi guarda dallo scaffale implorante da mesi.
Da circa un anno vorrei leggere Una vita come tante, ma solo qualche settimana fa ho trovato il coraggio di comprarlo con la mia migliore amica promettendoci di leggerlo insieme per darci supporto emotivo.
Da circa due mesi vorrei leggere Come d’aria di Ada D’Adamo (recente vincitore del premio Strega 2023, ne parlo meglio sotto), ma ogni volta che lo tengo in mano in libreria corro a riporlo al suo posto prima di arrivare alla cassa.
Da quando Michela Murgia ha annunciato la sua malattia, avrei voluto seguire il suo percorso e leggere il suo libro Tre ciotole, invece ho smesso di seguirla e non mi sono mai avvicinata a comprarlo.
Durante il mio viaggio a Marrakech ho dovuto più volte voltare la testa di fronte alle persone sofferenti per le strade della medina.
Un giorno, in metro, ho assistito a un ragazzo che ne ha schiaffeggiato un altro solo per averlo guardato e ho cambiato vagone.
Sono codarda? Egoista? O cerco di difendermi dimenticando il dolore degli altri perché lo faccio troppo mio?
Tantissime persone evitano libri, film o notizie dolorose. Non riescono ad affrontare una persona che piange davanti a loro. Girano la testa quando due persone litigano. O alzano un muro di fronte alla sofferenza degli altri, diventandone quasi immuni.
É difficile guardare il dolore in faccia. É molto più facile voltare la testa e scappare.
Il contagio emotivo
Ogni volta che entriamo in contatto con le emozioni degli altri, si scatenano in noi una serie di pensieri e sensazioni automatiche che ci avvicinano a quella esperienza facendoci provare un'emozione simile.
Questo è quello che in psicologia viene chiamato contagio emotivo.
Il contagio emotivo si manifesta sia per le emozioni positive che per quelle negative ma, poiché noi esseri umani siamo portati a percepire sempre più intensamente quelle negative, tendiamo a identificarci con maggiore profondità con il dolore, la rabbia o la frustrazione degli altri.
Pensaci: ricordi di aver vissuto più momenti di felicità, soddisfazione e serenità o quelli di dolore, rabbia e frustrazione?
Nel 1987, lo psicologo Martin Hoffman scoprì che il contagio emotivo ha origine dal processo di imitazione motoria che ci porta a modellare il nostro corpo per rispecchiare l’emozione che vediamo in un’altra persona. Questo genera un effetto riflesso che attiva le nostre emozioni interne, dando luogo alla famosa sensazione di "sentire l'emozione dell'altro".
Ah, l’empatia?
No, il contagio emotivo non è l’empatia, sebbene si somiglino.
Empatizzare con qualcuno significa riconoscere e comprendere i sentimenti altrui, senza farli propri. Il contagio emotivo, invece, implica riconoscerli, comprenderli e farli propri al punto che diventano un tutt’uno con le proprie emozioni.
Addirittura, esistono persone con dei livelli di sensibilità emotiva tali da percepire fisicamente su di sè il dolore fisico di un’altra persona. Questa è quella che viene chiamata sinestesia del tocco a specchio ed è un fenomeno piuttosto recente, ancora in fase di studio.
Non sentirsi all’altezza
Al di là degli studi e della psicologia, credo che ciò che spaventi davvero del dolore sia l’incapacità di esserne all’altezza.
Chi racconta il suo dolore e ci convive è perché riesce a guardarlo negli occhi ogni giorno e ad accettarlo come parte della propria esistenza.
E se io non ne fossi in grado?
Quante volte ce lo chiediamo.
Guardare gli altri affrontare il proprio dolore, e volerlo evitare, non è egoismo, ma paura di rispondere a delle scomode domande: cosa farei se succedesse a me? Saprei affrontarlo nello stesso modo? Mi distruggerebbe?
É per questo che scegliamo di non ascoltare, non guardare, non leggere.
Eppure…
Rifuggire dal dolore non è la risposta giusta.
Per quanto ci piacerebbe, non può esistere una vita piena di significato fatta di sola felicità. Attraversare il dolore, proprio o degli altri, ci aiuta a guardare davvero dentro noi stessi, a darci spazio, a capire quali sono le cose veramente importanti nella nostra esistenza.
Questo non vuol dire dover cercare intenzionalmente la sofferenza, quanto piuttosto non cercare di evitarla nell’idea che ridurrebbe o peggiorerebbe la nostra vita.
É nel dolore la soluzione del dolore, sentendolo, abitandolo, assaporandolo, a poco a poco diventa parte di noi, non più un estraneo, ma un ospite scomodo, irruente, tempestoso e infine un amante e dopo la fine un pezzo di noi.
Chandra Candiani
Se conoscerci meglio è quello che desideriamo, allora abbandonarsi alla propria vulnerabilità e accogliere quella degli altri, soprattutto nel dolore, può essere un ottimo punto di partenza. Ad esempio, Tiffany Philippou ha iniziato la sua newsletter proprio per aiutarsi a superare il dolore condividendolo con gli altri.
Credo sia arrivato il momento di aprire quei libri che ho evitato per troppo tempo.
📖 Lettura della settimana
Un buon posto in cui fermarsi - Matteo Bussola, 2023
Ancora una volta Matteo Bussola torna a rapire con le sue parole. Ho sempre pensato che fosse un maestro nell’indagare l’animo femminile, ma dopo questa lettura ho capito che riesce a penetrare l’animo umano con una sensibilità unica.
Questa volta, ad intrecciarsi, sono le storie di uomini, e non di donne. Padri che non sanno esserlo, mariti chiusi nei loro silenzi, figli persi nei loro sbagli. Uomini che mostrano le loro fragilità, che scelgono di “abbandonare la battaglia” per essere solo se stessi, che vanno controcorrente e scelgono di essere felici.
La vita non è una montagna da scalare, un treno da non perdere, un obiettivo da centrare, ma è una piccola stanza da arredare con cura. Non una cima da raggiungere a tutti i costi. É la scelta di un buon posto in cui fermarsi.
Matteo Bussola
Questi racconti parlano di paure, risentimenti, voglia di amare, di scappare di restare. Parlano di mancanze, di presenze, di impegni e dimenticanze.
Parlano di come ci si può allontanare per colpa dei silenzi, ma di come spesso, l’amore, si misura proprio dalla capacità di saperli accettare.
Questo libro insegna a non aver paura delle proprie debolezze perché sono proprio quelle a renderci migliori.
🌷Un libro che è anche un abbraccio.
💡Curiosità della settimana
Lo scorso giovedì, 6 Luglio, c’è stata la premiazione del libro vincitore della LXXVII edizione del Premio Strega.
Dei cinque libri arrivati finalisti, il vincitore è stato Come d’aria di Ada D’Adamo, scomparsa qualche mese fa in seguito ad una grave malattia. A ritirare il premio, suo marito Alfredo, insieme all’editrice e ad un’amica della scrittrice.
Nella scorsa newsletter vi avevo consigliato uno di questi libri, che ero abbastanza sicura avrebbe vinto. Ammetto, però, che anche il libro vincitore sembra avere una grossa potenza emotiva - non a caso ha ispirato l’argomento di questo numero - ed è per questo che non ho ancora avuto il coraggio di leggerlo. Sicuramente lo farò prossimamente.
Voi, invece, ne avete letto qualcuno? Quale vi ispira di più?
🎈 Le cose belle si fanno sempre insieme, perciò ti aspetto nei commenti o nella casella di posta per feedback, domande o, semplicemente, per scambiare due chiacchiere! Se hai perso i precedenti numeri di Parole Sparse ti consiglio di dare una spulciata qui.
Alla prossima settimana,
Federica🌊
📷 Photo by Priscilla Du Preez on Unsplash